Prepariamoci alla Pasqua con i piccoli
Quest’anno i bambini del catechismo della Prima Comunione hanno partecipato ad un’attività molto particolare e significativa con le loro catechiste. Di cosa si tratta? I bambini hanno seminato con loro dei chicchi di grano, ognuno in un contenitore di terra che poi hanno portato a casa per prendersene cura: il prossimo Giovedì Santo, il loro lavoro andrà ad adornare l’altare della Reposizione!
Per preparaci un po’ anche noi alla Settimana Santa insieme a loro, condividiamo insieme la storia qui sotto, che ha accompagnato i bambini in questa attività, perché possa trasmettere anche a noi quanto ha trasmesso a loro.
La Storia del Chicco
Quando il seminatore ebbe terminato la sua opera, il chicco di grano si trovò tra due zolle di terra nera e umidiccia, e divenne terribilmente triste. Era buio, umido, pioveva anche. C’era da darsi alla disperazione. Il chicco di grano comincio a ricordare…
Bei tempi quelli, quando stava al caldo e al riparo in una spiga diritta e cullata dal vento in compagnia dei suoi fratellini! Bel tempi, si, ma così presto passati! Alla fine dell’estate Il contadino con la falce abbatté le spighe, poi vennero i mietitori, che con i loro rastrelli avevano caricato sui carri le spighe legate in covoni. E i battitori, che avevano tolto i chicchi dalle spighe e messi in un sacco. Che buio là dentro, ma almeno ci si trovava ancora in compagnia. Un po’ pigiati, è vero, ma si poteva chiacchierare un po’. Ora invece, era l’abbondono assoluto, la solitudine più grande… una disperazione!
Giorno dopo giorno il chicco si ritrovò nella tenebra più fitta, terra dappertutto, sopra, sotto, in parte. L’acqua lo penetrava tutto, non sentiva più in sé il minimo cantuccio asciutto. “Ma perché sono stato creato, se dovevo finire in modo cosi misero? – si lamentava il piccolo chicco – Non sarebbe stato meglio per me non aver mai conosciuto la vita e la luce del sole?”
Allora dal profondo della terra una voce si fece sentire. Gli diceva: “Abbandonati con fiducia, senza paura. Tu muori per rinascere ad una vita più bella”. “Chi sei?”, domandò il chicco a quella Voce. “lo sono Colui che ti ha creato, e che ora ti vuole creare un’altra volta”. Il chicco di grano credette a quella Voce speciale, che rassicurava e rincuorava; così si abbandonò alla volontà del suo Creatore, non si preoccupò più di nulla e lasciò che il suo destino si compisse.
Il tempo passò… Un mattino di primavera un germoglio verde mise fuori la testolina dalla terra umida. Si guardo attorno inebriato. Era proprio lui, il chicco di grano, tornato a vivere un’altra volta. Nell’azzurro del cielo il sole splendeva e gli uccellini cantavano. Era tornato a vivere.. E non da solo, poiché intorno a sé vedeva uno stuolo di germogli in cui riconobbe i suoi fratellini. Allora la tenera pianticella si sentì invadere dalla gioia di esistere, e avrebbe voluto alzarsi fino al cielo per accarezzarlo con le sue foglioline.
Sembra una cosa triste: il seme deve morire per poter far nascere una nuova vita. Gesù è come quel chicco di grano, che è stato seminato dal Padre nel cuore del mondo: dalla sua morte e risurrezione verrà la vita per noi.
Ma cosa vuol dire “morire per produrre molto frutto”? Non certo porre fine alla nostra vita (anche se nella storia della cristianità ci sono stati – e continuano ad esserci! – le tante persone che muoiono per amore di Gesù). A noi basta cercare di trasformare alcuni nostri atteggiamenti negativi, come l’egoismo, la gelosia, la rabbia, la pigrizia, la disobbedienza, in gesti buoni verso gli altri. Se sapremo “far morire” questi nostri comportamenti sbagliati, saremo un seme che produce qualcosa di buono: amore, amicizia, altruismo, pace; in casa, a scuola, in parrocchia, con gli amici.
É l’amore che ci porta ad accogliere in profondità la parabola del chicco di grano che, per dare frutto, muore e marcisce nell’oscurità della terra, Come Gesù ha donato se stesso per noi cosi anche noi dobbiamo donare noi stessi agli altri, perché soltanto in questo modo possiamo produrre molto frutto.